BUCCIA DI SPRITZ - Giubbe Rosse, storia e cultura scosse alla quotidianità - L'Arno.it

2021-11-16 15:47:38 By : Ms. Tina Wu

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Pensa alle Giubbotti Rosse e ricorda subito le divise vermiglie dei fanti inglesi, i cattivi "tirapiedi" del fumetto cult "Il grande Blek". E che dire dei soldati a cavallo lanciati in un'avventura negli immensi boschi innevati del Canada visti su pellicola e materializzati con i soldatini? Aggiungete poi le meravigliose atmosfere sonore e canore che riecheggiano dal primo album dal vivo di Franco Battiato. E il gioco della memoria è servito. Quanti suggerimenti. Uno spritz in cui scuotere sapientemente storia, cultura, musica e vite passate.

Ma ci sono altre giacche rosse non meno famose. Memoria e affetto a Firenze sono ancora spalancati per loro. Purtroppo il malinconico bandone della realtà è calato dal 2018 sulle due finestre di quelle che sulle rive dell'Arno sono e restano le uniche e vere Giubbe Rosse: lo storico caffè di Piazza della Repubblica, fondato nel 1897 dai fratelli Reininghaus, produttori di birra tedeschi. Seguendo la moda viennese dell'epoca, i camerieri indossavano giacche rosse vistose e inconfondibili. A dire il vero i fiorentini, detentori della purezza linguistica italiana, hanno avuto "molte" difficoltà nel pronunciare il legnoso nome straniero dell'elegante birrificio.

"Andiamo da quelli con le giacche rosse", dicevano, e così in un lampo abbiamo capito e ci siamo diretti proprio lì, a due passi dal vecchio ghetto ebraico, forse troppo frettolosamente raso al suolo qualche anno prima per restaurare il centro pulsante dell'ex Capitale d'Italia.

Quanta vita, quanta storia è passata dalle giacche rosse in versione fiorentina. Tra i suoi numerosi mecenati, uno sconosciuto e prudente rifugiato russo frequentava la seconda sala, quella del circolo degli scacchi. Vladimir Ilyich Ulyanov, si chiamava, ma sarebbe diventato molto meglio conosciuto come Lenin. Chissà, nelle Giacche Rosse il futuro capo delle Guardie Rosse presidiato dal paese dei sovietici stava meditando su come dare scacco matto allo Zar della Santa Russia.

Più o meno contemporaneamente, il pittore e scrittore Ardengo Soffici discendente da Poggio a Caiano e lo scultore futurista Umberto Boccioni sceso da Milano, sempre nelle stanze delle Giubbe Rosse, si davano ragione, a suon di di colpi e pugni, per ragioni di primato, di orgoglio artistico.

In seguito il poeta, futuro premio Nobel, Eugenio Montale, sorseggiò un buon caffè alle Giubbe Rosse. Era, quindi, una Firenze in pieno fermento culturale con le sue riviste letterarie che sono passate alla storia della letteratura. Così l'autore di Ossi di seppia ricordava quei fruttuosi banchetti tavolinischi: “Prima di tutto c'era il Caffè delle Giubbe Rosse, dove ci riunivamo per la rivista Solaria. Andavo alle Giubbe Rosse praticamente tutti i giorni. Vittorini veniva spesso. È stato un momento molto bello”.

Per la riapertura delle Giubbe Rosse, per far sì che anche i comuni mortali possano finalmente tornare ogni giorno, è necessario uno sforzo congiunto di tutte le parti interessate. Benvenuti a far rivivere i famosi fasti del caffè-lounge. Un tavolo di discussione, come si dice in dialetto sindacale, da accogliere come segnale di rilancio per una città invasa da tavoli che, a causa di un'emergenza sanitaria, hanno forse fatto sembrare un po' meno il look della città di Lorenzo de' Medici ... come dire ... magnifico.

Peel of Spritz / La sostenibile leggerezza dell'esistente tra cronaca, storia e cronaca - di Maurizio Sessa

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